La Fascite Necrotizzante una particolare forma di infezione dei tessuti molli caratterizzata dalla progressiva necrosi del tessuto sottocutaneo e della fascia profonda. Tutti i tessuti molli possono essere interessati dall’infezione, tuttavia la fascite necrotizzante presenta una spiccata predilezione per arti inferiori, perineo (Gangrena di Fournier) e parete addominale.

Esistono numerosi fattori di rischio associati, tra i quali i più importanti sono rappresentati da immunosoppressione, epatopatie croniche, patologie vascolari periferiche, diabete e tossicodipendenza.

La patologia, ad eziologia prevalentemente batterica, si sviluppa in modo rapido ed aggressivo e, se non trattata adeguatamente, può evolvere fino ad uno stato di shock settico, condizione potenzialmente mortale.

Dal punto di vista eziopatogenetico possiamo identificare 4 differenti entità:

  1. FASCITE NECROTIZZANTE DI TIPO I – infezione polimicrobica determinata sia da batteri aerobi che anaerobi, in particolare streptococchi del gruppo A (tra cui il più frequente è S. Pyogenes), C o G; colpisce in particolar modo Pazienti immunodepressi o affetti da patologie croniche.
  2. FASCITE NECROTIZZANTE DI TIPO II – infezione monomicrobica sostenuta principalmente da organismi Gram positivi, in particolar modo streptococchi del gruppo A, stafilococchi e anaerobi appartenenti al genere Clostridium (C. Perfrigens).
  3. FASCITE NECROTIZZANTE DI TIPO III – infezione monomicrobica causata da batteri Gram negativi, principalente appartenenti alla specie dei Vibrio.
  4. FASCITE NECROTIZZANTE DI TIPO IV – infezione sostenuta da patogeni fungini come la Candida; sono estremamente rare e colpiscono soprattutto immunodepressi.

I patogeni raggiungono il tessuto sottocutaneo facendosi strada attraverso lesioni cutanee o provenendo da focolai di infezione primari attraverso il circolo ematico. Punture di insetti, morsi di animali, ferite penetranti possono far si che i microrganismi raggiungano direttamente il tessuto sottocutaneo, dove possono trovare le condizioni ottimali per iniziare il processo infettivo. Giunti nella sede di infezione i microrganismi causeranno una trombosi capillare che porterà ad ipossia ed ischemia dei tessuti con conseguente necrosi.

La diagnosi della fascite necrotizzante consiste solitamente nell’osservazione delle lesioni, confermata poi da esami culturali su prelievi bioptici. Per valutare l’estensione del processo necrotico è utile sottoporre il Paziente a TC del distretto interessato.

La terapia può sostanzialmente seguire diversi iter che prevedono:

  • terapia intensiva di sostegno per fronteggiare la risposta infiammatoria dell’organismo e lo shock settico;
  • terapia antibiotica, da somministrare anche in caso di solo sospetto di fascite necrotizzante, basata su un mix di antibiotici tra cui i più efficaci sono risultati la penicillina, la vancomicina e la clindamicina;
  • terapia chirurgica, che può spaziare da una semplice rimozione del tessuto infetto e necrotico fino alla amputazione dell’arto; possono rendersi necessari interventi ripetuti; frequente è l’impiego di una medicazione VAC;
  • Ossigenoterapia Iperbarica.

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