Serena Ragonici, Lorenzo Santomassimo, Giuseppe Marenga
SAPIENZA-UNIVERSITÀ DI ROMA
“Forse la distinzione tra il nome e la cosa designata, o tra la mappa e il territorio, è tracciata in realtà solo dall’emisfero dominante del cervello. L’emisfero simbolico o affettivo, di solito quello destro, è probabilmente incapace di distinguere il nome dalla cosa designata: certo esso non si occupa di questo genere di distinzioni. Accade quindi che certi tipi di comportamento non razionale siano necessariamente presenti nella vita dell’uomo. È un fatto che noi abbiamo due emisferi, e da questo fatto non possiamo prescindere. È un fatto che questi due emisferi operino in modo un po’diverso l’uno dall’altro, e non possiamo sfuggire alle complicazioni che questa differenza comporta.”
Gregory Bateson, MENTE E NATURA.
La rappresentazione mentale che consente di individuare la struttura, la situazione e le relazioni si manifesta da un punto di vista comunicativo attraverso una terminologia specifica che conferisce significato contestuale e riconoscimento delimitativo al contenuto del messaggio anatomico. Lo spazio corporeo, la sua disposizione e il suo orientamento, lo spostamento legato alla naturale mobilità dell’organo soggetto a forze di stato e di moto, ma anche sottomesso alla componente conscia e quindi volontaria di cui un organismo umano dispone, consente di riconoscere univocamente termini di stato e termini di moto.
Termini di stato. La posizione del soma è determinata in ortostatismo da tre piani reciprocamente perpendicolari e molteplici per la tridimensionalità di cui siamo dotati, definiti come: frontale,sagittale e assiale.
Il piano frontale (Fig.1), verticale rispetto al sagittale, presenta una prospettiva di sezione antero-posteriore e due facce definite ventrale e dorsale.
Il piano sagittale (Fig.2), che ha il suo fulcro nel piano sagittale mediano e divide la struttura corporea in due parti omotipiche e contrapposte (antimeri) determinando la simmetria bilaterale somatica, è verticale. Il suo decorso, come piano, è in senso antero-posteriore, mentre le sue sezioni, che vengono definite come piani paramediani, si portano lateralmente verso ciascun esterno e consentono il riconoscimento di una superficie mediale (interna) e di una laterale (esterna).
Il piano assiale (Fig.3) è orizzontale e sempre perpendicolare rispetto ai precedenti, a decorso trasversale, parallelo alla base d’appoggio. Le sezioni, a decorso verticale, consentono di riconoscere due superfici opposte, craniale o cefalica (superiori) e caudale (inferiore).
Termini di moto. Possiamo dare per scontato che il movimento, per noi specie umana che apparteniamo al regno animale, volenti o nolenti, è una condizione funzionalmente connaturata, diciamo fisiologicamente funzionale alla dimensione ambientale che ci è propria ma che ha permesso anche, come specie, la nostra sopravvivenza e la nostra conseguente evoluzione consentendoci, nei confronti di animali più grossi e forti di noi che non possedevano la nostra “visione del futuro”, uno dei nostri principi di difesa più efficaci ma meno nobili: la fuga.
Se la posizione di stato ha bisogno di un equilibrio per essere in atto, anche il movimento per realizzarsi ha bisogno di un equilibrio cinetico che in tutti i casi è assicurato da un baricentro, mentre la direzione avrà luogo e si espliciterà intorno a degli assi che sono definiti dall’intersezione dei piani della condizione di stato precedentemente esposta.
Lungo l’asse longitudinale si svolgono movimenti di torsione, che riguardano la testa e il tronco, e quindi nella sua totalità il rachide, e di rotazione per gli arti superiori, che nella parte che comprende avambraccio e mano prende il nome di prono-supinazione. Sull’asse trasversale si palesano movimenti di flessione e di estensione e infine sull’asse sagittale si manifestano movimenti di inclinazione laterale in riferimento alla testa e al tronco e di abduzione e adduzione in riferimento ai quattro arti.
Tutto quello di cui abbiamo parlato a proposito di piani e assi vale anche e sopratutto per noi, dal punto di vista clinico-chirurgico, per le condizioni di posizione semplice come il clinostatismo obbligato (prono,laterale e supino) e inclinato (Trendelenburg o antiTrendelemburg) o di posizione multiforme e articolata, per un ovvio adattamento concettuale obiettivo (che in questo caso riguarda il paziente) e subiettivo (che riguarda questa volta l’operatore).
Una riflessione, a questo punto, visto l’argomento trattato, si impone agli autori. L’evento patologico acuto, spontaneo o traumatico, sembra nel suo manifestarsi e svolgersi, oltre che un processo destabilizzante l’omeostasi biochimica corporea anche, visto in questa prospettiva, un’alterazione primaria o secondaria dei naturali e immodificabili, mentalmente e anatomicamente, assetti strutturali fatti di piani e assi di stato e di moto. La possibilità a nostra disposizione per assecondare questa limitazione e quindi contrastare l’effetto contrario è di cercare di ristabilire queste leggi di direzionalità somatica anche mediante procedure e sistemi (protesi, stents, cateteri, tavola spinale, torrette e collare cervicale et similia) che le riproducano.
Infine, ci sia permesso riportare, così come abbiamo fatto all’inizio, un estratto dal capitolo “Per una guida all’arrampicata”:
“Oggi in un vuoto esposto alla malora, a una rovina, penso che sono pratico di precipizi. Pure senza equilibrio di funambolo, so di che tratta la legge detta di gravità. Tratta di cose gravi, che hanno un peso ma non sono zavorra, mentre al contrario sono sostanza, voce costituente della mia persona.
È PERICOLOSO SPORGERSI, dice il cartello ufficiale dei tempi correnti. È necessario farlo.”
Erri De Luca, IL PIÙ E IL MENO.



BIBLIOGRAFIA:
-MENTE E NATURA, G.Bateson, ADELPHI;Biblioteca Scientifica (1984)
-ANATOMIA UMANA, A.Latarjiet L.Testut, UTET;Quinta edizione (1972)
-TRATTATO DI ANATOMIA TOPOGRAFICA, L.Testut H.Jacob, EDRA;Seconda edizione (2015)
-IL PIÙ E IL MENO, Erri De Luca, FELTRINELLI (2015)




Lascia un commento